Cuore della casa era la cucina che formava un tutt’uno con la sala da pranzo e con l’ingresso. Ora abitiamo in appartamenti in cui gli spazi sono diversamente distribuiti e talvolta dupplicati. Anche in campagna è mutato il rapporto tra spazi interni ed esterni complice la rivoluzione portata dagli elettrodomestici, alla disponibilità di alimentazione energetica remota.
“Ancora mi chiedo come tutto l'arredo della cucina e tutti noi della famiglia (eravamo in sette!) potessimo stare in un vano così stretto. Eppure non mancava niente: camino, stufa, tavola, sedie, ottomana, credenza con alzata; e al soffitto c 'erano anche i fili per fare asciugare i panni lavati nelle giornate di brutto tempo.
C 'erano pure dei momenti, sempre d'inverno, in cui le persone si raddoppiavano; ad esempio quando arrivavano gli amici e si passava la serata giocando "a tombola" o a "mercante in fiera'. Allora l'uso della cucina era a tempo pieno e di volta in volta diventava luogo di ristoro, di ritrovo, di studio, di assistenza, di passatempo... Credo di poter dire che era una scuola di vita.”
Maestro Adriano Gainotti

Tra le quattro pareti
Riždura
Donna che regge le sorti della casa.
Propriamente reggitrice che, al contrario dell’uomo, svolge pure i lavori domestici: cucina, bucato, pulizie, orticello, cucito e ricamo, conservazione di frutta e verdure, approvvigionamento esterno per tutta la famiglia, cura dei figli, del marito, assistenza ai malati di tutta la cerchia parentale.
Fino ad alcuni decenni fa, la r-, era la prima ad alzarsi e l’ultima a coricarsi senza mai permettersi un giorno di riposo, fino a quando non fossero diventate grandicelle le figlie, o fino a quando non fosse entrata in casa una nuora. A quel punto, pur continuando a tenere le redini dell’azienda casalinga, delegava i lavori più faticosi alle giovani.
È una figura quasi scomparsa in quanto, oggidì, le donne lavorano fuori casa, i figli sono lasciati a nonni, baby-sitter o asili nido; le faccende domestiche vengono svolte da entrambi i coniugi e i cibi sono acquistati già pronti o precotti.
Claretta Ferrarini
Riždûr
Uomo che regge la casa governando il danaro e decidendo su ogni cosa. Propriamente: reggitore.
Oggetti di uso domestico

Pistaröla
Piccolo tagliere sul quale si tritano verdure, lardo ed altri cibi; talvolta usata nel significato di lama a mezzaluna per tritare i cibi suddetti. I due oggetti hanno assunto lo stesso nome perché l’uno è indispensabile all’altro.

Mänsarén/n’na/ón
Scopino a forma tubolare, una volta fatto di mansi, legato con un rametto di salice (ora anche di ferro), per pulire la spianatoia dalla farina e per spruzzarvi l’acqua/scopetta per usi domestici diversi/scopa più grossa per usi domestici, fatte con tre o quattro mazzetti (mannelli) di saggina.

Šdâs
Setaccio, crivello. L’utilizzo è quello di setacciare, azione che si fa con lo staccio per cernere la farina dalla crusca.

Guìndull
Arcolaio; aspo; bìndolo.

Curtlen’na
Lungo coltello da cucina con la lama larga almeno 4 cm.

Mänarén
Batticarne una volta col manico orizzontale, per uso casalingo; piccola mannaia da casa. Oggi il manico è verticale inserito sul pesante disco di metallo.

Cänèlla
Lungo mattarello per la sfoglia, qualche volta vuoto all’interno; bastone leggermente
ricurvo per mestare la polenta. Nel primo caso la traduzione non è proprio esatta, perché il mattarello è più corto della cänèlla ed, alle estremità, spesso ha le manopole che la cänèlla non ha.

Tävlòtt
Taffero; spianatoia rotonda o quadrata su cui si versa la polenta fumante. Propriamente tavolotto. Aveva un manico corto con un foro entro cui si legava una corda ad anello per appenderlo.

Mös’cia büža
Ramaiolo bucato per estrarre cibi cotti dal brodo di bollitura. Propriamente mescola bucata.

Cäldarén o cädarén
Secchio di rame stagnato e non, col fondo bombato, da mettere su fornacelle e stufe fornite di un apposito buco. In un doc. del 1300, trovo che a Borgo, nella piazza grande del Municipio, vi era un pozzo col “calderonum”, affinché tutti i Borghigiani, potessero attingervi acqua, anche da scaldare. Da “caldaia” e dal lat. “calidarium e caldarium”.
Claretta Ferrarini

Lurött
Imbuto. Era di zinco o di ferro smaltato, più avanti di alluminio, ora di plastica che abbruttisce inesorabilmente, sia lo si usi per il vino come per l’olio.

Gäväl
Paletta di ferro con lungo manico per cenere e bracia.

Prêt
Scaldaletto; strumento di legno a forma di gondola, nel quale si metteva lo scaldino (pädlen’na) con dentro i carboncini cilindrici (strunsén) per scaldare il letto nei mesi invernali. Prêt, pädle'na e ältera del lètt
Tävlêr
Spianatoia di legno per tirare la sfoglia e fare la pasta; coperchio della madia su cui si faceva il pane. Non deriva da “tagliere” (taglio), da noi chiamato pistaröla e molto più piccolo su cui si tagliano le vivande, ma da “tavoliere”.
Tìccia
Teglia; tegame basso e largo, sia rotondo che rettangolare, per torte, lasagne, timballi.
Dgama
Tegame di qualsiasi materiale poco più basso della pentola (bronža), più alto della padella o della teglia (tìccia).
Gämèlla
Contraz. di dgämèlla. Tegame a due manici; diminutivo di dgama; gavetta. Propriamente tegamèlla, anche se un poco improprio.
Bäšia
Ciotolone, zuppierona.
Mujötta/i
Molla per attizzare il fuoco; anche forcine per capelli, mollette per stendere il bucato; presine per pentolame.
Bronža pentola
Composta di materiali diversi in uso di epoca in epoca: bronzo, ferro, terracotta, rame, alluminio, poi acciaio o altro, pur mantenendo sempre il nome.
Brunžén
Pentolino di diverse misure e altezze fino a che non diventi tanto basso da essere chiamato dgämén, poi pädèlla. Molto importante e ben tenuto era quello per il latte, corredato da un coperchio ad incastro esterno per non rovesciarne neppure una goccia.
Claretta Ferrarini